Il Terremoto visto da Antonio Vallardi

Descrizione della zona colpita.

Il terremoto della Marsica va annoverato fra i più violenti che la storia sismica registri. Un primo esame dei fatti dimostrerebbe essere stato questo di maggiore intensità di quello Calabro-Messinese del 1908, poiché ivi il massimo (43.7%) della mortalità, che si verificò a Cannitello, rasa al suolo dal terremoto e spazzata dal maremoto, si mantenne molto al di sotto di quello verificatosi nel 1873 nel terremoto Calabro, giacché ivi (territorio di Terranova di Oppido) si giunse fino al 77 %.

Tali cifre sono superate di molto dal terremoto Marsicano dove, ad Avezzano, si verificò la mortalità del 94,9 % degli abitanti.

Il confronto fra il terremoto della Marsica (1915) e quello Calabro-Siculo del 1908 è stato fatto da testimoni oculari di entrambi i terremoti, i quali asseriscono che:

– su Messina si poté dire che era passato un uragano;
– su Avezzano e sul Fucino si può dire soltanto che vi è passato un aratro ,

Ciò a dimostrare l’estrema potenza distruttiva del recente terremoto.

La forte percentuale delle vittime è dovuta nel caso attuale anche al fatto che i campi del Fucino, d’inverno, sono coperti fino alle 8.30 di una nebbia densissima, sicché nessun lavoro dei campi vi è possibile prima delle 9.

Perciò, all’istante della scossa, quasi tutti gli abitanti della conca del Fucino erano nelle case, che li seppellirono con le loro rovine., Quelli che tentarono salvarsi ‘con la fuga, perirono, data la strettezza delle strade, pel crollo delle abitazioni.

Torneremo sul confronto fra i due terremoti, ma prima, per dare un’idea della regione che costituì l’area mesosismica, sarà bene descrivere brevemente la conca del Fucino.

Questo lago « che al principio del secolo scorso (*1) nutriva appena qualche centinaio di pescatori, e rovinava con periodiche inondazioni le campagne dintorno, dava lavoro oggi a 1400 agricoltori e altri lavoratori; faceva fiorire parecchie industrie; aveva creato dei ricchi commerci.

Da Luco, da Trasacco, da Ortucchio, da Gioia, da Lecce dei Marsi, come dai paesi della sponda opposta, scendevano ogni giorno masse di contadini a coltivare i 16000 ettari prosciugati e resi intensivamente produttivi.

Celano, Pescina, Paterno coltivavano sulle loro colline belle vigne e frutteti.

San Benedetto, proprio sul margine del Lago, dapprima misero villaggio di 500 abitanti, ne . aveva oggi 4500.

Avezzano, che aveva circa 3000 abitanti prima del prosciugamento del Fucino, ne contava oggi circa 12000, oltre la popolazione fluttuante …

Sui monti i numerosi paeselli da Massa d’Albe a Ovindoli e a Gioia Vecchio esercitavano l’industria armentizia e mandavano durante l’inverno migliaia di pecore a svernare all’ Agro Romano.

Tale era la regione più intensamente battuta dal flagello che ne distrusse completamente gli abitati e ne schiacciò in gran parte gli abitanti.

L’autore descrive quindi le sue peregrinazioni sui luoghi del disastro per prodigare i primi soccorsi.

Non è però la descrizione sistematica del sismologo che ricerca e raffronta; è una descrizione il scatti, ad impressioni, calda di sentimento, palpitante d’intenso dolore:

Avezzano … ad ogni largo dove prima era una piazza, pattuglie di carabinieri bivaccavano intorno a focherelli.

Altri fuochi vegliavano nei punti dove trovavansi valori ancora sepolti. Avanzavamo. Ogni tanto un rumore ci fermava di colpo.

Un fischio lontano di treno, una voce di animale, o un gemito umano vicino?

Tutta la nostra vita si tendeva verso il suolo.

A un certo punto, avanzando, fummo inchiodati da un gemito. – È qui – disse uno, accennando a destra.

Ma un altro indicava a sinistra. Allora un uomo, che stava poco lontano, un dissepolto di due giorni innanzi, accorse.

Avete sentito qualcosa? Lì sta una mia figliuola … Concetta. – Si chinò colla bocca sulle pietre. – Ah Cuncetté … – Silenzio lungo. Nulla. E la voce continuò a chiamare: cominciava ferma il nome e lo finiva con una inflessione lunga e straziante …

Mi risuona dentro ancora.

Ricerca dell’epicentro e dell’ipocentro

Cominciamo da uno specchietto in cui riassumiamo:

– distanza in km , di ciascuna stazione dal centro del bacino del Fucino;

– nome della stazione;

– ora in cui fu avvertita la scossa nelle singole stazioni:

57 | Montecassino | 07.52.50

77 | Rocca di Papa | 07.52.54

89 | Roma | 07.52.54

143 | Ischia | 07.53.12

159 | Valle di Pompei | 07.53.10

321 | Pola | 07.53.27

328 | Bologna | 07.53.35

396 | Padova | 07.53.39

407 | Trieste | 07.53.39

429 | Mileto | 07.53.40

513 | Catania | 07.53.55

528 | Mocalieri | 07.54.07

729 | Vienna | 07.54.16

1155 | Potsdam | 07.54.15

1311 | Amburgo | 07.54.33

Da tali dati, assieme ad altri omessi nello specchietto, il GRABLOVITZ, con metodi rigorosi (metodo dei minimi quadrati) dedusse l’istante in cui dovè verificarsi la scossa all’epicentro, e la velocità di propagazione del primo impulso (supponendo tale velocità uniforme). Si ha così che la scossa, al centro del Fucino (42.0 lat.N; 13.35 long.E) si verificò a 7h.52’ 47” e si trasmise con la velocità di 7875 m. sec. (L’Agamennone trovò per ‘velocità 7530 m. sec.).

La tavola successiva mostra (linee e puntini) il tracciato delle isocronisiste tratte dal pregevole lavoro del Grablovitz.

marsica

Tali linee, descritte a titolo di saggio dall’ A., congiungono i punti in cui la scossa fu avvertita nello stesso istante. con intervallo di 10” fra una linea e la successiva. Sono inoltre indicati i secondi di anticipo (-) o di ritardo (+) ‘rispetto all’ istante dedotto tenendo presente la velocità calcolata (7875) e la distanza delle singole stazioni dall’epicentro.

Ora, la prima onda di un movimento sismico, nel giungere in un dato punto segue la linea di più veloce propagazione e tale linea, potendo risultare piu o meno tortuosa, le linee isocronisiste piuttosto che avere un andamento esattamente circolare (come si avrebbe se la velocità di propagazione fosse la stessa in tutte le ‘direzioni) hanno una forma più o meno irregolare.

Con l’aumento della distanza dall’epicentro accadrà probabilmente che le velocità medie tendano a pareggiarsi in tutte le direzioni, per cui le linee isocronisiste del Grablovitz tendono ad acquistare un andamento presso che circolare, ma per piccole distanze sarà necessario invece tenere il dovuto conto della varia costituzione geologica dei terreni per spiegarsi le anomalie di velocità di propagazione nelle singole direzioni emananti dall’epicentro.

A Valle di Pompei la direzione del movimento, quale la registrò su polvere di licopodio la punta di un pendolo verticale libero di quello Osservatorio, fu sensibilmente NW-SE.

Inoltre le Pennine dei pendoli OMORI-ALFANI (orientati rispettivamente l’uno in direzione N30°E-S30°W e l’altro in direzione N60° W-S60°E) descrissero degli spostamenti iniziali rispettivamente di mm. 8,0 verso N 60° W e mm. 6,5 verso N 30°E sicché componendo tali spostamenti si ha per valore dell’azimut della scossa a Valle di Pompei: 20°55′ ossia circa 21°, che è abbastanza prossimo all’azimut effettivo di 28°, da cui differisce per 7°.

Tale divergenza dipende dal fatto che, all’epoca della scossa, l’ingrandimento non era esattamente identico per entrambe le componenti.

Tenendo conto dello spostamento indicato dall’ortosismometro dell’ ALFANI per la componente verticale, risultò che a Valle di Pompei lo spostamento iniziale del suolo fu di mm. 0,06.

Alla ricerca della distanza epicentrale il prof. ALFANO provvide utilizzando la prima replica, di cui tutta la fase preliminare era durata 29 secondi.

Applicando la formula di ETZOLD si ha: hm. (5,5 x 29) = 159,5 che è molto prossima alla distanza effettiva di 160 km, fra Valle di Pompei e il centro del Fucino.

La profondità ipocentrale, secondo un calcolo provvisorio del prof. ALFANO, fu essere di km , 3,5, essendo l’angolo di emergenza, a Valle di Pompei, di. 1° 15′ 45″.

La piccola profondità servirebbe benissimo a spiegare la grande ampiezza delle onde all’epicentro con la conseguente distruzione di tutti gli edifici della zona mesosismica.

Per quanto riguarda il confronto fra l’intensità di questo terremoto e l’intensità di quello Calabro-Siculo del 1908, vari autori concludono che quello di Avezzano è stato più intenso di quello Calabro-Siculo.

L’ALFANO, basandosi su di una legge dell’Ononr e sull’esame dell’ampiezza delle registrazioni, deduce che il terremoto di Avezzano sia stato all’epicentro otto volte meno intenso di quello Calabro-Messinese il cui epicentro, è bene ricordarlo con l’ ALFANO, fu in mare.

Ma anche se tali risultati potranno andar soggetti, come pure la profondità ipocentrale a qualche modifica per indagini ulteriori, io ritengo che la profondità ipocentrale debba essere relativamente piccola.

A spiegare l’entità dei danni in una zona abbastanza estesa si presta benissimo la natura geologica della conca del Fucino, posta com’è su terreni alluvionali che si estendono a Sud verso la valle del Liri e a Nord verso il Velino e la valle del Salto.

Causa ed effetti del terremoto marsicano.

II terremoto fu d’origine tettonica, com’è provato oltre che dalla forma allungata dell’area mesosismica e dalla grande distanza fino a cui la scossa fu ancora sensibile, dal grandissimo numero di repliche verificatesi .

Inoltre, ad escludere la causa vulcanica sta la grande distanza dall’epicentro dai vulcani laziali, mentre invece l’epicentro trovasi sui ripiegamenti della crosta terrestre formanti l’Appennino, che costituiscono, a causa delle forti pieghe e rotture, delle linee di minima resistenza.

La zona recentemente scossa, come si rileva dalle carte sismiche del BARATTA, non possedeva un passato che lasciasse presupporre la probabilità di un sisma della violenza dell’attuale; però il terremoto accaduto può bene spiegarsi per le condizioni di estremo fratturamento causato dal corrugamento orogenico.

Le principali fratture costituenti linee tettoniche sono dirette da NW a SE sui terreni più recenti e quasi esattamente da N a S in quelli più antichi.

Per quanto riguarda gli effetti del recente terremoto sono da notare:

1 – Demolizione di tutti gli edifici della zona mesosismica,

2 – Frane immense prodottesi a Isola del Liri e Sora, con formazione di un lago.

3 – Spostamento e intorbidamento di moltissime sorgenti. Intorbidamento ed aumento delle acque sulfuree presso al lago di Paterno,

4 – Abbassamento di circa 5 metri del pelo d’acqua del lago di Paterno con sprofondamento di una piccola zona del terreno circostante nel lago (diametro attuale circa 150 mt.); formazione di un vortice al centro delle acque del lago e produzioni di forti rumori sotterranei udibili fino a 300 mt. dal lago.

5 – Avvallamento fra Cerchio e S. Benedetto.

6 – Formazione di una voragine, fra Ortucchio e Venere, di circa 4 mt. di diametro, profonda circa 5 mt. riempitasi subito di acqua.

7 – Formazione di numerose fenditure nell’alveo del Fucino con inondazione di parte della conca già prosciugata del lago. Ciò è dovuto però a causa esterna (frana di parte della volta del canale di scarico delle acque, che anticamente andavano a formare il lago).

8 – Sulla strada che mena a Celano, formazione di una fenditura lunga 50 mt., larga da 20 a 30 cm. con abbassamento di uno dei bordi della strada di circa 30 cm.

Si verificò in questo caso ad Avezzano ciò che si verificò a S. Francisco di California : il portone, con i piedritti, di un palazzetto e l’arco a pieno sesto, costruito in pietra da taglio, fu lanciato per terra e ivi disteso in perfetto ordine come fosse stato composto per poi metterlo su.

I muretti di forte costruzione dello spessore di 40 cm. e sporgenti 50 cm. dal suolo, che nel territorio di Avezzano separavano fra loro gli orti e i prati dei vari affittuari, furono come tagliati nettamente a livello del terreno e gettati lontano o meglio spostati, a causa di uno sforzo tagliante orizzontale, senza altro danno, in direzione NS, sicché il pezzo spostato rimane perfettamente compatto come un muricciuolo costruito senza fondazioni sul terreno.

L’influenza della natura dei vari terreni costituenti la zona scossa è messa in rilievo dal fatto che Le Cese (frazione di Avezzano) è completamente rasa al suolo con una percentuale di vittime di oltre il 90 %, mentre di fronte Corcumello, a meno di 1,5 km , non ha avuto una sola casa lesionata per quanto di antica costruzione.

Scurcola sorge all’ingresso della vallata del Fucino ed ha due ale di case ben distinte: quelle di sinistra cioè a N sono tutte crollate” mentre quelle di destra non si lesionarono neppure e la scossa fu avvertita molto imperfettamente. Così, mentre Scurcola fu colpita, Tagliacozzo fu appena sfiorata.

Furono colpite Frosinone e Monterotondo, mentre la provincia romana intermedia non ebbe a risentirne alcun danno. La natura ‘geologica dei terreni su cui sorgono le città, assieme all’abito sismico delle regioni costituiscono oggi argomento di studio da parte di molti sismologhi fra i quali il BARATTA li), ed è pregevole il suo consiglio, che cioè fosse resa per legge obbligatoria l’assicurazione degli edifici contro il terremoto.

Una apposita aliquota additiva all’imposta regia gravante sopra i fabbricati dovrebbe essere devoluta al proporzionale risarcimento dei danni causati in tale circostanza.

Riducendo ad un minimo la quota relativa alle case costruite secondo le più razionali norme antisismiche, s’incoraggerebbe l’adottamento di sistemi preventivi, e qualora le norme antisismiche non rispondessero esattamente allo scopo, per una superviolenza del terremoto, i danni materiali, che non sono fra i più lievi, sarebbero almeno prontamente e proporzionalmente risarciti in relazione della gravità del fenomeno sismico.

Quanto alle regioni ad alta frequenza sismica, le costruzioni non perfettamente antisismiche dovrebbero essere demolite di ufficio, appena sorte contro i consigli dei tecnici; giacché non dovrebbe ormai esser più tollerato, ai nostri tempi, che il valido aiuto proveniente dagli illuminati consigli della Scienza, venisse frustrato dall’ingordigia di speculatori, con danno enorme d’intere popolazioni.

 

Tratto da:
Biblioteca Popolare di Cultura
edito da Antonio Vallardi
pubblicato il 26 aprile del 1930

 

 

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